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Fra la popolazione transgender c’è un basso livello di prevenzione

La prevenzione non è uguale per tutti. E sembra che la situazione sia particolarmente critica per la popolazione transgender italiana. E’ questo il risultato di uno studio condotto dell’Istituto Superiore di Sanità in collaborazone con centri clinici distribuiti su tutto il territorio nazionale. La ricerca mette in luce l’urgenza di agire in breve tempo su questa fascia di popolazione, fra la quale è chiara la difficoltà di accesso agli screening e alle visite. Approfondiamo il problema.

Il tema della prevenzione fra la popolazione transgender

Lo “Studio sullo stato di salute della popolazione transgender in Italia” è stato presentato nel corso di un convegno organizzato con l’UNAR, l’Ufficio Nazionale Anti Dicriminazioni Razziali. I dati si riferiscono sia alla salute fisica che alla salute mentale, mettendo in luce un quadro che deve essere sicuramente migliorato.

In generale la popolazione transgender in Italia si sottopone a pochi screening oncologici e il tasso di depressione è dieci volte più alto rispetto alla popolazione generale. Quanto alla prevenzione di base, basti pensare che solo il 20% delle persone transgender AFAB esegue il pap test.

E la situazione non migliora neanche dal punto di vista dello stile di vita.

  • Il 64% dei transgender AMAB e il 58% AFAB dichiara di non fare attività fisica
  • Il 37% delle persone transgender AFAB fuma
  • Il 23% delle persone transgender AMAB e il 17% AFAB dichiara di fare binge drinking.

Questi sono solo alcuni dei dati emersi dall’analisi preliminare della ricerca condotta dall’ISS.

Le cause

Le cause della scarsa prevenzione e degli stili di vita poco salutari rispetto alle statistiche relative alla popolazione generale sono da imputarsi a diversi fattori. Quanto allo stile di vita, lo stress, gli episodi transfobici e la transfobia interiorizzata rivestono un ruolo cruciale nel traghettare le persone verso atteggiamenti poco salutari.

Quanto alla scarsa prevenzione sanitaria, la causa principale è da ritrovarsi nella discriminazione. Il 34% delle persone transgender AMAB e il 46% delle persone transgender AFAB si è sentita discriminata in ragione della propria identità e/o espressione di genere sia nell’accesso che nell’utilizzo dei servizi sanitari. Il risultato? La rinuncia agli screening e alle visite preventive. Altra criticità importante è la mancanza di conoscenza sulla salute della fascia di popolazione transgender da parte dei medici, nonché l’uso di termini e parole inappropriati rispetto alla persona che il medico si trova davanti.

Foto di Adeolu Eletu / Unsplash

Il corso di formazione per il personale sanitario

Attualmente è ancora in corso un sondaggio sulle possibili soluzioni al problema su un campione di medici. I dati preliminari sottolineano come sia urgente l’implementazione di una formazione specifica per il personale sanitario: ricordiamo, infatti, che gli aspetti della salute legati all’identità di genere, ad oggi, non sono compresi all’interno del curriculum di studi universitario del personale medico.

Marina Perdominici, responsabile scientifico dello studio, afferma:

“Questi numeri mostrano quanto sia urgente nell’ambito dei servizi sanitari costruire una formazione specifica del personale che lavora in ambito sanitario. Il corretto accesso ai servizi sanitari in questa fascia di popolazione è il motore della prevenzione e il suo funzionamento riguarda sia la sensibilizzazione della popolazione transgender rispetto all’importanza della tutela della salute sia la competenza del personale sanitario coinvolto nell’azione di prevenzione”.

Per questo motivo entro il 2023 sulla piattaforma dell’ISS saranno disponibili corsi di formazione specifici sull’argomento, rivolti al personale medico e sanitario. L’obiettivo finale è quello di rendere più accessibile la sanità a questa fascia di popolazione, rendendo così più efficaci le azioni di salute pubblica.

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